Il nome di mia nonna, Fedora, le fu dato per la grande passione che suo padre nutriva per l’Opera Lirica, così durante la sua vita, lei cercava di canticchiare le poche strofe che sapeva delle opere, trasformandole in ninnananne o in cantilene, eredità sonora delle passioni di suo padre.
Partendo sempre da un’analisi autobiografica e da un’esigenza di narrare ciò che è parte della mia storia, cerco di costruire lo spazio riempiendolo di alcune tracce del mio vissuto.
Enduring Midnight non vuole essere un tentativo di messa in scena, ma piuttosto la ricostruzione di una visione appartenente alla mia memoria sonora, poetica, analitica, sulla passione e sulla sua durevolezza. Questo lavoro ruota ancora una volta attorno ad un centro, quello della fine, della trasformazione, del momento di passaggio, semplicemente accostando due diverse condizioni: l’avanzare del tempo fisico come svuotamento e l’energia sprigionata dal coronamento della propria
passione.
Chiedo così ad un Soprano che risiede ne “La Casa di Riposo per Musicisti, Giuseppe Verdi”, alla fine della sua lunga e gloriosa carriera, di cantare ancora davanti ad un pubblico, ma nel mezzo della notte.
From Enduring Midnight
Una mappa concettuale su Enduring Midnight di Francesca Grilli
Dro, Drodesera Festival 2007, Sabato, 28 luglio, ore 00.00.
Un’ex struttura industriale, più precisamente una ex centrale idroelettrica. Nel retro del grande edifico c’è un piccolo spazio, non ristrutturato, chiamato Forgia. È una sala rettangolare con grandi finestre che danno sul bosco circostante e sul fiume. Nei muri i segni di un passato non troppo lontano nel tempo. Mezzanotte. Mancano due giorni alla luna piena.
La sala è vuota ad eccezione della presenza, di fronte ad una delle grandi finestre, di un pianoforte verticale, su cui appoggiano alcuni spartiti, e di un leggio nero, illuminati sapientemente da due piccoli fari. Il pubblico si accomoda dove può: alcuni a terra, altri alle pareti, altri ancora in piedi.
Il soprano, Lina Vasta, fa il suo ingresso accompagnata dal maestro. È una signora molto elegante sui settantacinque anni, anche se forse ne ha di più e ne dimostra molti meno, vestita sobriamente in scuro con una camicia bianca, capelli castani, una spilla sul bavero della giacca, una collana corallina, un grosso anello dorato. Non ha spartito davanti a sé, il leggio rimarrà vuoto per tutta la durata dell’esibizione, di tanto in tanto, nei momenti più emozionanti vi si appoggerà, solo brevemente, come a cercare un sostegno.
Canterà, rimanendo statuaria, quasi immobile ad esclusione della mano destra, quattro arie: L’altra notte in fondo al mare tratta dal Mefistofele di Boito, Oh quante volte, oh quante tratta dai Capuleti e Montecchi di Bellini, Senza mamma tratta dalla Suor Angelica di Puccini e Addio del passato tratta da La traviata di Verdi. Si fermerà per ricevere gli applausi dopo ogni pezzo, con gesti che rimandano ad un passato glorioso. Ma a questo punto tutto si intreccia, le visioni immaginarie della giovinezza di una cantante lirica giunta alla fine della sua carriera, tutti i personaggi tragici che ha interpretato, la notte rischiarata dalla luna che imperterrita avanza, il ricordo che in ognuno di noi suscita il vedere un corpo anziano che non si vuole arrendere. Come una rovina fra le rovine continuerà a cantare nonostante tutto.
Breve nota critica
Il lavoro di Francesca Grilli può risultare, nella forma in cui si presenta al pubblico, un lavoro essenziale. In cui cioè, la scena è ridotta all’essenza delle cose. Tuttavia a ben guardare Enduring Midnight non nasce per riduzione o sottrazione di elementi scenici, quanto piuttosto per concentrazione degli stessi. Nelle figure che attraversano le visioni della Grilli si concentrano molteplici possibilità dell’essere, come se quei pochi segni che troviamo sulla scena avessero in qualche modo assorbito storie, possibilità e oggetti contigui. E allora, ad esempio, nell’anello dorato che il soprano Lina Vasta porta in scena per il suo ultimo recital, rivediamo tutti i gioielli di scena che ha indossato, tutti quei drappi rossi che si sono aperti su scene scintillanti, ma anche i gioielli che le devono essere stati regalati e un frammento di quella che potrebbe essere la sua dimora oggi. Questa concentrazione di più elementi nello stesso crea delle figure che hanno la consistenza del sogno, nate dai ricordi dell’autrice, mischiate con le verità del corpo e con l’immaginario personale del pubblico. Inoltre fa si che la performance agisca a più livelli. Un primo, istantaneo, è quello emotivo, determinato anche dalla cornice scelta per la performance.
Un secondo di proiezioni e di immaginazione attraverso la rielaborazione del proprio passato e dei segni scenici. Infine un terzo livello, più personale e intimo, che avviene a distanza temporale dalla performance: una riemersione dal rimosso personale di memorie, immagini e letture, apparentemente slegate fra loro. Quasi delle tavole Warbourghiane che hanno come principio generatore l’accadimento scenico. Per questa terza ragione ho creduto opportuno sviluppare questa geografia di ricordi e possibilità, scaturiti dalla visione della sua performance.
C’è poi un’altra ragione per parlare di concentrazione e non di riduzione. I corpi che mette in scena l’artista, sia in Enduring Midnight che nel precedente Arriverà e ci coglierà di sorpresa, sono corpi eroici, senza un'identità precisa e definibile, perché si collocano in una dimensione fuori dal tempo (la scena) e che tuttavia continuano a contenere, per concentrazione appunto, il principio tragico per eccellenza, ovvero la ferma resistenza allo scorrere del tempo ponendosi consapevolmente nel tempo della fine.
(Jacopo Lanteri, ART O’, 2007)
ENG – My grandmother’s name, Fedora, was endowed as a result of her father’s love for opera. So throughout her life, she tried to sing the few verses that she knew from various operas, transforming them into lullabies or nursery rhymes, the musical heritage of her father’s passions.
Always starting from an autobiographical analysis and from the need to narrate what is part of my history, I try to create a space by filling it with various traces of my own experience.
Enduring Midnight is not an attempt at a mise-en-scene, but rather the reconstruction of a vision that is part of my aural memory; poetic, analytical, and about passion and its durability. This work again revolves again around a centre, that of the end, of the transformation, of the moment of transition, simply by drawing together two different conditions: the emptying advance of physical time, and the energy which is released by the realization of its passion.
With this in mind, I have asked a soprano, who at the end of her long and illustrious career is now residing in The Giuseppe Verdi Retirement Home for Musicians, to sing again in front of an audience, but in the middle of the night.
From Enduring Midnight
A conceptual map of Enduring Midnight by Francesca Grilli
Dro, Drodesera Festival 2007, Saturday, July 28th, time 00.00.
An old industrial building, or to be exact, a former power station. At the back of the large building is a small, unrenovated space called the Forge. It is a rectangular room with large windows overlooking the surrounding forest and river. On the walls are signs of a past from not long ago. Midnight. Two days until the full moon.
The room is empty except for an upright piano in front of one of the big windows, with some sheet music resting on it and a black music stand, all cleverly lit by two small lights. The audience sits where they can; some on the floor, some against the walls, others just standing.
The soprano, Lina Vasta, enters accompanied by her teacher. She is a very elegant seventy-five year old lady, although perhaps she is older but looks younger, who is dressed soberly in black with a white shirt, brown hair, a brooch on the lapel of her jacket, a coral necklace and a huge gold ring. She does not have the score in front of her, the music stand will be empty for the duration of the exhibition, though from time to time, in the most moving moments she will lean on it, only briefly, as if looking for support.
She sings four arias, remaining statuesque, almost motionless except for her right hand: ‘L’altra notte in fondo al mare’ is from Boito’s Mefistofele, ‘Oh quante volte, oh quante’ from Bellini’s Capuleti e Montecchi, ‘Senza mamma’ from Puccini’s Suor Angelica and ‘Addio del passato’ from La Traviata by Verdi. She stops to receive the applause after each song, with gestures that evoke a glorious past. But at this point everything is intertwined, the visions of youth of an opera singer who has come to the end of her career, all the tragic characters she has interpreted, the night lit by the moon that moves on regardless, the memory that is evoked in all of us at the sight of an aged body that does not want to give up. Like a ruin among the ruins which continues to sing despite all.
A brief critical note
In the form in which it is presented to an audience, Francesca Grilli’s work appears to be essential. That is, the scene is reduced to the essence of things. However, on closer inspection Enduring Midnight does not emerge from a reduction or removal of scenic elements, but rather due to a concentration on them. Multiple possibilities of existence are concentrated in the figures that cross Grilli’s vision, as if those few symbols that we find on the scene have somehow absorbed stories, chance happenings and connected objects. So, for example, in the gold ring that soprano Lina Vasta wears in the her final scene, we see again all the jewelry she has ever worn on stage and all the red curtains that have opened up to glittering scenes, but also the jewelry that must have been given away and fragments of where it might be now. This concentration of multiple elements creates images that have the consistency of a dream, coming from the author’s memories, mixed with physical truth and the personal imagination of the audience. Moreover, it affects the acting performance at multiple levels. Firstly, the most apparent is that of the emotional, which is also determined by the chosen setting of the performance.
Secondly, is that of the projections and imagination through the reworking of the actual past and of the scenic symbols. Finally, on a third level, more personal and intimate, which comes from a time distant from the performance, is a re-emergence of repressed personal memories, imaginings and readings, apparently unrelated to each other. Almost like the Warbourghian in which the scenic event is a generating principle. For this third reason I thought it opportune to develop this geography of memories and chance happenings resulting from observing her performances.
There is another reason to talk about concentration and not reduction. The objects which the artist places in the scene, both in Enduring Midnight and in the earlier It Will Come and catch us by surprise. They are heroic objects, without a clear and definable identity, because they are placed in a dimension outside time (the scene) and that, however, continue a tight hold on the concentration, the tragic principle par excellence, or rather the firm resistance to the passage of time consciously placing itself at time’s end.
(Jacopo Lanteri, ART O’, 2007)